Pallavolo Maschile

Julio Velasco: “Andrà tutto bene? No, come faremo in modo che vada”

19.04.2020 20:04


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“Dire che andrà tutto bene va bene per i nostri nipotini, è una bella favola. Ma noi adulti dobbiamo essere pronti, allenarci mentalmente per quella che sarà una lunga traversata nel deserto. Qualsiasi partita prevede errori e quello più grande che puoi fare è sottovalutare l’avversario. Mai farlo, è una regola alla base dello sport”.

Ha lasciato un ruolo attivo da allenatore per dedicarsi alla direzione tecnica dei giovani talenti azzurri: “Vivo questo momento da privilegiato, abito in campagna, alle porte di Bologna e tengo il tempo impegnato perché comunque lavoro moltissimo. Ogni tanto mi guardo un film, la sera, ma i miei interessi sono sempre gli stessi. Studio, leggo e guardo tantissimi allenamenti e molti tutorial on line”.

Velasco è un uomo di grande spessore, non soltanto sportivo ma umano e culturale. Conosce il mondo anche nei suoi aspetti più cupi: “Le dittature fanno paura, la crisi economica spesso porta un uomo forte al comando. In fondo è quello che è successo anche dopo la crisi del ‘29 quando arrivarono il nazismo il fascismo che traevano forza da una situazione disastrata in tutto il paese. Penso a qualcuno ancora più a destra di Salvini. Guardate il Brasile: Bolsonaro, il presidente della Repubblica, fino a ieri praticamente non esisteva”.

L’ottimismo non è una cura ma un esercizio mentale“Se sei pessimista non puoi fare l’allenatore, è impossibile. Devi sempre trovare una via d’uscita e devi sempre cercare gli spunti per perseguirla. Come in tutte le situazioni di crisi ci sarà chi se ne approfitterà ma dobbiamo anche registrare il fatto che c’è stata tanta solidarietà, tanta umanità. Ci dobbiamo preparare a tempi che saranno sicuramente duri ma l’Italia ha tutte le risorse e la cultura per farcela. Sopravvivere e nel DNA di questo paese e della sua gente”.

Velasco, ora più che mai, sta dalla parte dei giovani, ma come educarli? “Non mi piace dire ai ragazzi che andrà tutto bene, rassicurandoli. Preferisco dire loro che andrà come noi faremo in modo che vada. Le istituzioni devo mettersi dal punto di vista dei ragazzi, non al di sopra ma al fianco. Serviranno misure di aiuto e di sostegno ma anche una riflessione attenta sul fatto che nessuno, da ora in poi, potrà mai più pensare solo ed esclusivamente a se stesso. La morte degli anziani mi devasta, stiamo perdendo una generazione di persone straordinarie. Dovremmo chiedere a loro come hanno fatto a ricostruire dopo i bombardamenti. Li dovremmo portare nelle scuole quando i bambini avranno bisogno di punti di riferimento. Se chiedi alla nonna di mia moglie che ha 96 anni e vive a Ferrara, se erano poveri ti dice di no, perché mangiavano tutti i giorni. Ecco, le nostre prospettive per quelle che erano dovrebbero cambiare”.

(Fonte: La Repubblica – Ed. Bologna)

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