LA STORIA DELLE CHIESE DI TARANTO: SAN ROBERTO BELLARMINO, UNA PARROCCHIA NELLE TERRE DEI CONTI

25.02.2014 12:57


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di Aldo Simonetti

Nei primi anni Sessanta, corso Italia, il boulevard del nuovo omonimo rione, oltre che ponte gettato verso il futuro (come già previsto dall'architetto Calza Bini nella stesura del suo piano regolatore generale per Taranto, risalente al 1936 – ma approvato soltanto nel '54-) costituisce altresì via di congiunzione tra il Borgo e la periferia orientale della città.

L'aumento costante della popolazione e la rapida espansione edilizia – naturale conseguenza della'industrializzazione - nella costituenda zona, richiedono l'istituzione di un nuovo luogo di culto, più facilmente accessibile per gli abitanti. Le due chiese del circondario risultano, difatti, decentrate rispetto al fulcro del quartiere: le già esistenti San Lorenzo da Brindisi e San Giovanni Bosco sono situate, rispettivamente, sul lato ovest e quello est. Pertanto, grazie alla magnanimità di una nobile famiglia di antiche origini spagnole, quella dei D'Ayala-Valva, già padrona del circondario (ne è testimonianza la celebre torre – abbandonata - sita in viale Virgilio) e di alcuni beni sparsi quà e là per il territorio provinciale, un pezzo di terra di sua proprietà dalle dimensioni di cinquemila metri quadrati, viene destinato alla collocazione della nuova chiesa.

In tal modo, viene deliberata la costruzione del tempio, che verrà intitolato a San Roberto Bellarmino, dottore della Chiesa e cardinale, vissuto a cavallo tra i secoli XVI e XVII, e ubicato in prossimità dell'ultimo avamposto edilizio del vialone (tra il suddetto corso e via Liguria), a partire dal quale si estende la vasta campagna tarantina, non ancora urbanizzata.

Guglielmo Motolese, negli anni del 'boom' economico è un tutt'uno con l'aspersorio: nel giro di poco più di un lustro (tra il 1960 e il 1966) è chiamato a benedire un gran numero di edifici sacri di fresca realizzazione. Così, il 14 settembre 1963, l'arcivescovo di Taranto inaugura la ventinovesima parrocchia della città al cospetto di un nutrito gruppo di fedeli e del benefattore in persona, il conte Roberto D'Ayala-Valva, gentleman tutto d'un pezzo, insignito nell'occasione della commenda pontificia. Alla cura delle anime è designato monsignor Saverio Greco, già delegato arcivescovile dell'Azione Cattolica.

Al taglio del nastro, il complesso religioso comprende una salone parrocchiale, adibita 'ad interim' a chiesa, i locali degli uffici e l'abitazione del parroco; una sistemazione provvisoria, in attesa che venga ultimato un locale più ampio per le celebrazioni liturgiche. Che viene approntato, come nelle previsioni, dopo alcuni mesi.

Dopo circa un decennio, in virtù del vertiginoso incremento demografico che interessa Italia-Montegranaro, si sente forte la necessità di erigere un luogo di culto maggiormente rispondente all'elevata densità del quartiere, da questo momento caratterizzato dalla presenza di palazzoni torreggianti. Per questa ragione, intorno alla prima metà degli anni Settanta, viene innalzato un nuovo fabbricato accanto al preesistente: questo, dapprima adoperato come auditorium per rappresentazioni varie, viene nel 2001 trasformato in sala cinematografica. La nuova chiesa, progettata dall'architetto Biagio Accolti Gil e terminata nel 1975, è in grado di accogliere una copiosa quantità di credenti ed è contraddistinto da uno stile sobrio, parimenti alla vita del santo.

Oggi, la parrocchia è retta da don Antonio Rubino, in carica dal 2000.

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