Settori Giovanili

Settori giovanili: Pierluigi Orlandini, professionalità e nessuna improvvisazione

a cura di Fabrizio Izzo

09.04.2019 05:45


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In Italia, in una terra dove il calcio, a torto o ragione, muove masse di gente al pari di una rivoluzione si è perso il pregio e il Know-How di far crescere talenti da presentare all’Europa e al mondo calcistico, giovani calciatori da far salire sul palcoscenico internazionale e in grado di essere tra i primi o tra i migliori di tutte le liste. Del resto le avvisaglie sono state evidenti, una nazione calciofila che perde il treno per la fase finale dei mondiali 2018, una nazionale che incontra difficoltà ad attingere giocatori dalle squadre di club e settori giovanili trascurati imbottiti di ragazzi stranieri, sicuramente bravi ma non fenomeni. Un problema di mentalità, poco coraggio nell’utilizzo delle giovani leve, ma forse anche strutturale che il nostro calcio probabilmente sta pagando e forse pagherà. Forse ci sarebbe bisogno di una rivisitazione del Modus Operandi oppure, grazie all’intervento della politica del calcio, una nuova regolamentazione sui vivai oppure la genialità di qualcuno che con intelligenza e caparbietà metta tutti di fronte ad un fatto compiuto, dimostrando quanto il lavoro certosino nei settori giovanili possa essere, ora e nel futuro, pagante per tutto il movimento calcistico italiano. Noi di Tutto Sport Taranto abbiamo approfondito l’argomento con un esperto, abbiamo posto alcune domande a Pierluigi Orlandini allenatore nei settori giovanili di squadre professionistiche e semiprofessionistiche, ex calciatore professionista (forgiato in un vivaio tra i più seri e considerevoli d’Italia) che ha vestito i colori di squadre molto importanti nella massima serie, ma soprattutto che è stato campione d’Europa under 21 nel 1994 con la maglia azzurra (autore del goal partita nella finale contro il Portogallo). Questo è quanto ha risposto mister Orlandini sollecitato dalle nostre domande:

  • Quanto è importante il settore giovanile per una squadra di calcio dilettantistica o professionistica?

R) Il settore giovanile per una società è molto importante. Diciamo che è il serbatoio dalla quale le prime squadre dovrebbero attingere senza dover andare spendere soldi in giro per inserire i ragazzi nella propria rosa. Bisogna sviluppare un lavoro che renda il settore giovanile una fondamenta della società.

  • In Italia funzionano ancora i settori giovanili delle società? Se è no cosa bisognerebbe cambiare per migliorare il movimento e ottenere risultati?

R) No, direi di no. Sono poche le società che fanno veramente settore giovanile, sono poche quelle società che lavorano bene per il settore giovanile. Per la stragrande maggioranza delle società il settore giovanile è un peso. È un peso perchè mantenere vivo un settore giovanile, anche per le squadre professionistiche, ha dei costi importanti. La conseguenza che ne deriva è che si lavora con meno attenzione e non con quella dovuta. Tanto è vero che molte società preferiscono darlo in gestione a terze persone quasi togliendolo di mezzo. Questo è quindi un grosso problema al quale non è facile prospettare delle soluzioni. Non saprei, magari la Federazione potrebbe obbligare le società ad investire una percentuale del proprio budget, quello della prima squadra per intenderci, nel settore giovanile. Migliorare la gestione dei vivai gestendolo direttamente e non attraverso terzi. Chiamando a lavorare gente con esperienza, allenatori accreditati, messi al posto giusto e retribuiti in modo coerente. Molto spesso nei settori giovanili, anche nelle squadre professionistiche, ci sono allenatori sotto pagati, che arrotondano, ma spesso anche a costo zero. Per portare avanti un settore giovanile e ottenere dei risultati ci deve essere gente che possa dedicarsi al lavoro sempre, al 100% e 24 ore su 24. I settori giovanili hanno bisogno di essere curati e all’interno ci devono lavorare persone di alta professionalità, non deve esserci improvvisazione o sufficienza. La federazione, anche in serie C, concede degli incentivi alle società che utilizzano il maggior numero di giovani, si è finito per bruciare, in senso sportivo, ragazzi ancora non pronti ma ugualmente schierati in campo solo per prendere i sostegni. Poi ci sono le società ricche che non badano a spese e comprano anche i giocatori per le squadre giovanili. Bisognerebbe tornare indietro nel tempo quando eravamo invidiati da tutti e in Italia venivano per studiare il metodo e apprendere il lavoro, quando i nostri settori giovanili sfornavano tanti calciatori che poi hanno fatto benissimo e tanto per il calcio nazionale, con la maglia azzurra e nei club.

  • La ventata di nuovo e di giovani che Mancini ha portato e porterà in nazionale, sarà l’apri pista per una maggiore attenzione verso i settori giovanili? oppure no?

R) Secondo me è una buona nazionale ci sono giovani di qualità e questo potrebbe favorire la soluzione del problema dei settori giovanili. C’è però il fatto che tanti di questi ragazzi fanno fatica a giocare nei loro club e di conseguenza non è facile trovare poi il ritmo partita, trovare quella giusta intensità e farti trovare pronto per la nazionale. In nazionale ci andava chi giocava con continuità chi aveva esperienza. Oggi ci sono squadre che schierano pochi italiani e tanti stranieri e in nazionale vengono convocati ragazzi che hanno poco spazio nei loro club. Con questo non voglio dire che il problema sono gli stranieri, assolutamente no, voglio dire che dobbiamo credere di più nei nostri giovani. In Italia però non siamo abituati a mettere in campo squadre con un a età media bassa, immaginate una squadra italiana con la stessa mentalità dell’Ajax che però non vince, non raggiunge gli obiettivi. Cosa succederebbe? C’è l’obbligo del risultato, di vincere e purtroppo un ragazzo senza la giusta esperienza è logicamente penalizzato e poi noi italiani digeriamo poco l’inserimento dei giovani, non siamo pronti.

  • Lei proviene da un settore giovanile importante come quello dell’Atalanta e ha lavorato nei settori giovanili di squadre professionistiche e semiprofessionistiche, quale è la differenza di gestione tra i settori giovanili del meridione e quelli del settentrione?

R) Sopra i settori giovanili sono gestiti per anni dalle stesse persone, con continuità, con l’intento di migliorare l’organizzazione e gli ingranaggi di lavoro. Invece qui giù, da noi, c'è la cattiva abitudine di voler cambiare i responsabili ogni anno o al massimo ogni due. Chiunque si insedia porta i suoi uomini, i suoi allenatori, in questo modo viene a mancare la continuità organizzativa e tecnica. Poi non c’è meritocrazia, tanta gente si siede in panchina come dopo lavoro, magari non accreditato oppure allenatori appena accreditati che pensano di poter allenare ovunque e chiunque. Me ri to cra zia e non l’amico dell’amico e via discorrendo, non ci si può alzare la mattina e diventare o essere nominato responsabile di un settore giovanile senza sapere di cosa si parla. Con i ragazzi, con i bambini devi sapere quello che devi fare, devi saper quello che devi dire, non puoi inventarti allenatore di un settore giovanile dall’oggi al domani, senza magari aver mai messo piede in un campo. Nei settori giovanili ci vuole professionalità, i dirigenti, gli allenatori, tutti gli addetti ai lavori devono conoscere le regole, devono essere un punto di riferimento, l’approssimazione è deleteria. Ho visto dirigenti, anche in ambito professionistico, che si comportavano come quando rappresentavano squadre di categoria, con poco decoro.

  • Pensa che un aumento e miglioramento delle infrastrutture possa aiutare i settori giovanili a crescere?

R) Sicuramente un aumento delle infrastrutture o un loro miglioramento possa favorire il movimento. Devo però dire che il problema delle infrastrutture c’era anche prima, quando le cose funzionavano. È vero aumentare le strutture o migliorale va bene ma se poi dentro ci metti a lavorare gente non competente, cosa cambia?

  • Le scuole calcio come le inquadra mister Orlandini?

R) Le scuole calcio sono diventate un business. La scuola calcio è appunto una scuola dove il bambino impara i primi passi, dove ci deve lavorare gente che abbia le credenziali adatte per insegnare il calcio, le basi del calcio. Oggi la maggior parte delle scuole calcio sembrano centri ricreativi. Se un nostro figlio vuole studiare musica lo mandiamo da un maestro, se vuole giocare a tennis lo mandiamo da un maestro. La stessa cosa dovrebbe succedere nelle scuole calcio, dove vengono insegnate le basi del gioco del calcio. Oggi nelle scuole calcio puoi trovare la persona giusta che fa bene il suo lavoro ma anche quella sbagliata. La scuola calcio è la base, il bambino viene svezzato e quindi c’èla necessità di farlo meglio possibile, con persone preparate. Altro grosso problema delle scuole calcio sono gli scenari che vengono disegnati a bambini e genitori, di tanto in tanto, grazie ad amicizie, qualche provino, mondi surreali, insomma fumo negli occhi a sfondo economico. L’attaccamento al risultato è una altro punto a sfavore di alcune scuole calcio.

  • Da diversi anni a questa parte molti addetti ai lavori guardano il fisico dei giovani calciatori a scapito della tecnica, cosa ne pensa?

R) Io quando ho fatto delle selezioni non ho mai guardato il fisico, ho sempre guardato le qualità del ragazzo. Quando visioni dei bambini o dei ragazzi comunque adolescenti non puoi sapere quanto cresceranno. Intanto è meglio prendere un ragazzo che abbia famigliarità con l’attrezzo, il fisico si può costruire. Poi dipende anche dal ruolo che un ragazzo ricopre.

  • Meglio allenare in un settore giovanile o una prima squadra di categoria?

R) Ho iniziato con i grandi e non mi sono trovato bene, forse avevo ancora testa da calciatore e ho incontrato tante difficoltà. Ho lavorato con i ragazzi per tanti anni, mi piace lavorare con i ragazzi, mi piace trasmettere le mie conoscenze, lo faccio con passione. Ti va di stare sul campo più del solito, ti va di allenarti più volte alla settimana, non hai orari. È la passione che ti spinge a fare questo ma anche la passione ha un limite, non si può continuare a fare beneficienza. Anche allenando i ragazzi, se sei bravo, devi essere retribuito per quello che vali. Oggi si prendono allenatori che giocano al ribasso. Ho lasciato il settore giovanile perchè non sposavo le idee, non ho accettato le condizioni e ho preferito stare fermo. Poi a novembre mi è stata fatta la proposta di allenare una prima squadra e ora sono qui a Grottaglie. Lavorare con i grandi significa insegnare meno calcio e gestire meglio il gruppo. Con una prima squadra è fondamentale vincere soprattutto se ti trovi in piazze esigenti, poco importa come vinci, l’importante è portare a casa i tre punti. Nei settori giovanili al centro del progetto deve esserci la crescita del giocatore, la finalità non deve essere il risultato cosa che per alcuni allenatori è il solo obiettivo.

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