La storia di Taranto

LA STORIA DI TARANTO / 4a PUNTATA - NELL'ORBITA DI ROMA (PARTE I)

14.08.2013 17:55


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Riparte il viaggio della macchina del tempo di TuttoSportTaranto.com: al volante il nostro Aldo Simonetti, che vi riporterà ai tempi in cui Taranto era nell'orbita di Roma

Le prime schermaglie con i Romani non tardano ad arrivare. Attaccata dai Lucani, la città di Turi passa sotto l'egida di Roma, senza dubbio dotata di maggiori credenziali rispetto ad una Taranto in evidente declino e riconosciuta per la sua abilità di attirare a sè le varie popolazioni con argomenti convincenti. Così, altre città dell'ormai decadente Magna Grecia preferiscono godere della protezione della futura Caput Mundi.

Il voltafaccia delle colonie e gli atteggiamenti provocatori assunti dai nuovi nemici, generano profonda irritazione nei nostri concittadini. L'occasione per imaprtire ai prepotenti invasori un'esemplare lezione si presenta allorchè a largo delle nostre acque fanno capolino diverse loro imbarcazioni. Un atteggiamento, questo, pagato a caro prezzo. La violazione di un trattato precedentemente siglato (secondo cui i Romani non avrebbero dovuto varcare le acque a nord del capo di Hera Lacinia, presso Crotone) scatena le ire della popolazione tarantina: tre delle triremi romane vengono affondate al largo delle Cheradi.
Malgrado l'affronto subito, Roma prova a giocare la carta della diplomazia al fine di evitare un'inutile quanto dispendiosa guerra. Tentativo fallito, perchè i tarantini infliggono un'ulteriore insopportabile onta. Secondo uno stuolo di storici, il plebeo Filonide (autentica incarnazione del 'vastàse') avrebbe orinato, sotto lo sguardo divertito degli astanti, sugli abiti dell'ambasciatore Lucio Postumio, da noi inviato in qualità di mediatore; stando ad una delle innumerevoli ipotesi avanzate, invece, questi sarebbe stato oggetto di scherno da parte della popolazione a cagione del suo greco stentato. Motivazioni a parte, la guerra è ufficialmente iniziata.
Come ormai da tradizione, Taranto si affida ancora una volta all'aiuto straniero. Questo è il turno di Pirro, condottiero epirota. Spalancategli benevolmente le porte dell'Italia meridionale, è per lui giunto il momento di punire i 'barbari' Romani in nome della più raffinata razza ellenica, in quella che rappresenta di fatto una lotta tra le due civiltà della classicità, latina e greca. Ma c'è di più: il suo sogno è quello di riunire tutto il Sud sotto il suo comando e farne un regno.
Le ostilità hanno subito inizio con la sanguinosa ed epica - vengono impiegati complessivamente 80mila uomini- battaglia di Eraclea (280 a.C.), dove il nostro eroe riporta una vittoria rilevante grazie all'utilizzo della falange e all'apporto degli elefanti, autentici schiacciasassi e dai Romani chiamati 'bovi lucani'. La notizia della sconfitta ha vasta risonanza, tale da suscitare non poche perplessità in merito alle potenzialità dei nuovi conquistatori.
Un altro successo, ottenuto ad Ascoli Satriano (nei pressi di Foggia) un anno più tardi, non basta tuttavia ad incoraggiare Pirro e i Tarantini e far sì che le sorti della guerra volgano a loro favore. Se la sopravvivenza della nostra cittadinanza è appesa ad un filo, in quanto le speranze sono riposte esclusivamente nelle capacità - e nella fortuna- del condottiero greco, questi non ha di certo motivi per gioire. Conscio della superiorità numerica e strategica dei Romani (di giorno in giorno crescente), è infatti in procinto di gettare la spugna.


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